2.3.11

la bambina rossa và da Diario di scuola (3)

Che dibattiti in questi giorni!
Scuola pubblica o scuola privata... anzi non la chiamano più privata
ma si dice libera.
Scuola pubblica e scuola libera. Bella la parola libera.
ma perché non domandarsi perché si va a scuola!
A scuola di cosa poi?
Le elemetari e le medie io le ho fatte un piccolo paesino di montagna, ma proprio montagna montagna. Mi piaceva andare a scuola. Alla "tua scuola si imparavano un sacco di cose" me l'ha detto un giorno, molti anni dopo, mio nipote Francesco guardandomi con gli occhi sgranati mentre gli insegnavo a catturare i grilli. O forse sono io che ricordo così.
In questi giorni si fa un gran parlare di ricordi di scuola orripilanti o di scuole fatiscenti o di scuole che non hanno insegnanti capaci.
Io mi son trovata bene a scuola e ho imparato un sacco di cose!
Primo ci potevo andare da sola, a scuola. O meglio ci riunivamo un piccolo gruppo, faccio il conto: Diana e suo fratello Diego, Rita e l'amica più piccola di cui ora mi sfugge il nome, Stefano che piaceva a tutte noi, Laura e Marisa sua sorella, mia sorella Silvia ed io. Insomma un'armata brancaleone andava a scuola, ogni giorno, a piedi con la neve, la pioggia o il sole. Nessuno ci fermava. Quando passava, si prendeva la corriera, avevamo persino l'abbonamento con la nostra piccola foto e questo ci faceva sentire grandi. Era come fare ogni giorno un piccolo passo verso l'avventura. Andavamo a scuola perché ci si poteva incontrare, perché i pomeriggi passati assieme non bastavano e la scuola diventava un'altro modo di passare, assieme sempre, il nostro tempo. Perché il tempo era nostro e potevano gestirlo e pareva non finire mai. Ma soprattutto potevamo inventarlo il nostro tempo! Tutti in classi diverse s'intende. Diciamo che dalla prima elementare alla seconda media le classi le avevamo coperte quasi tutte. Diana era la più grande e Bruna la più piccola (mi sono ricordata il nome dell'amica di Rita).
Non era solo per passare il tempo che si andava a scuola. Ci piaceva imparare a leggere e a scrivere. Ci piaceva far di conto usando sabbia e pietruzze come nel più antico abaco. Del mio banco ricordo il calamaio, per un po' l'ho usato intingolando un pennino. Cercando di non macchiarmi le mani e il foglio del quaderno che doveva risultaresenza quelle antiestetiche orecchie d'asino. Qualche volta nel quaderno si attacavano le ricerche e allora che divertimento, usare una bella colla profumata quasi di pane. Appiccicare le ricerche era un po' come quell'infornata di pane o di pizza del sabato sera. Quella fatta in casa solo con acqua e farina.con l'aiuto della mamma. La scuola dunque aveva un buon odore! Sapeva di pane e di pizza, neve d'inverno, erba tagliata, fiori e muschio a primavera e d'estate. Sapeva di vento e corse pazze. C'era un particolare gusto nel ritrovarsi con gli altri compagni per raccontare di gite, scalate o dell'ultima gara con gli slittini. La maestra insegnava a catturare i grilli, a piantare piccoli semi... Alle medie poi il "parco" professori era talmente vario che, passando da una materia all'altra, avevamo già fatto il ripasso di geografia. Non dico che avevano tutte le regioni d'Italia presenti all'appello ma un bel po' certo sì. E così era anche scuola multiligue perché nonostante si parlasse rigorosamente in italiano, un po' di parole sicule, partenopee, emiliane e del tavoliere scappavano veloci da una bocca all'altra.
Quello era il momento più giocoso.
E lo stivale presentava sempre grandi sorprese.
(continua)