In anteprima la premessa e una scena poetica del nuovo studio teatrale presentato l'8 aprile 2011 alla commissione del premio di produzione Teatri del Sacro
L'idea di lavorare attorno alla figura di Ildegarda di Bingen è nata qualche anno fa, a cavallo tra il vecchio e il nuovo millennio. Poi, come succede a molti progetti teatrali, è rimasto nel cassetto cullato dall'idea che, prima o poi, sarebbe riemersa la necessità. La prima stesura guardava ai grandi mezzi che la tecnologia mette a disposizione, per reinterpretare le visioni di Ildegarda, sfruttando tutte le conoscenze e le tecniche video d'avanguardia.
Oggi sentiamo la necessità di allontanarci dal frastuono e dalla confusione di questo nuovo millennio e la forma delle visioni di Ildegarda si è disvelata come una necessità silenziosa. Prende corpo una nuova strada d'interpretazione, di regia e l'urgenza di elaborare, ideare uno spettacolo "artigianale" e "piccolo" tenendo conto dei tempi lenti della creazione, della ricerca, che conduca, quasi prendendoci per mano, verso lo "stupore del mistero".
Il nostro lavoro artistico parte sempre da un'immagine che è poi una visione:
una figura di donna ieratica molto alta, sovrasta la scena vestita con abito bianco.
L'abito riempie tutto lo spazio a formare un limbo.
La donna tiene le mani all'altezza del volto e gioca con un filo. Un gioco infantile, antico. Come il gioco dell'elastico: misteri delle dita che si muovono abili a formare figure. Il filo riempie lo spazio, si annoda e passa attraverso il vestito, ricompare sulla stoffa, traccia dei segni, formando una scrittura che non conosciamo, indecifrabile. Scrive la forma della visione racconto.
Il nostro lavoro artistico parte sempre da una frase ispirazione della visione:
Non importa se non capisci segui il ritmo.
Questa è la frase che segue l'immagine/visione.
Così doveva pensare Ildegarda quando parlava delle sue visioni.
Un ritmo, un respiro, un silenzio.
Come i fili che si annodano, la scrittura traccia dei segni, il pensiero che ne segue annoda i fili. Non ci sono spiegazioni. Bisogna solo seguire il ritmo.
Così parla oggi Maria Lai.
In questi anni il lavoro teatrale di Cassiopea si è intrecciato con il lavoro artistico della grande artista Maria Lai. Davanti alle sue cosmogonie e ai libri cuciti ritroviamo le visioni di Ildegarda.
Abili mani di donna. Abili mani di donne.
Ambedue, Ildegarda e la Lai, tracciano segni verso l'infinito con la semplicità di chi si lascia trasportare dal ritmo del respiro, da movenze lente, precisi codici, creando la forma del racconto.
Forse senza conoscerne il significato. Non importa se non capisci segui il ritmo.
Crediamo questo sia il segno del mistero: non trova differenze tra arte e sacro, tra grandezza e semplicità.
alcune stanze poetiche
l'arte apre all'infinito verso il trasendente
verso ciò che non sappiamo
la poesia chiama il sacro
la parola ha dentro una vertigine
la parola è anche il silenzio che la precede e la segue
soprattutto la parola poetica
L'idea di lavorare attorno alla figura di Ildegarda di Bingen è nata qualche anno fa, a cavallo tra il vecchio e il nuovo millennio. Poi, come succede a molti progetti teatrali, è rimasto nel cassetto cullato dall'idea che, prima o poi, sarebbe riemersa la necessità. La prima stesura guardava ai grandi mezzi che la tecnologia mette a disposizione, per reinterpretare le visioni di Ildegarda, sfruttando tutte le conoscenze e le tecniche video d'avanguardia.
Oggi sentiamo la necessità di allontanarci dal frastuono e dalla confusione di questo nuovo millennio e la forma delle visioni di Ildegarda si è disvelata come una necessità silenziosa. Prende corpo una nuova strada d'interpretazione, di regia e l'urgenza di elaborare, ideare uno spettacolo "artigianale" e "piccolo" tenendo conto dei tempi lenti della creazione, della ricerca, che conduca, quasi prendendoci per mano, verso lo "stupore del mistero".
Il nostro lavoro artistico parte sempre da un'immagine che è poi una visione:
una figura di donna ieratica molto alta, sovrasta la scena vestita con abito bianco.
L'abito riempie tutto lo spazio a formare un limbo.
La donna tiene le mani all'altezza del volto e gioca con un filo. Un gioco infantile, antico. Come il gioco dell'elastico: misteri delle dita che si muovono abili a formare figure. Il filo riempie lo spazio, si annoda e passa attraverso il vestito, ricompare sulla stoffa, traccia dei segni, formando una scrittura che non conosciamo, indecifrabile. Scrive la forma della visione racconto.
Il nostro lavoro artistico parte sempre da una frase ispirazione della visione:
Non importa se non capisci segui il ritmo.
Questa è la frase che segue l'immagine/visione.
Così doveva pensare Ildegarda quando parlava delle sue visioni.
Un ritmo, un respiro, un silenzio.
Come i fili che si annodano, la scrittura traccia dei segni, il pensiero che ne segue annoda i fili. Non ci sono spiegazioni. Bisogna solo seguire il ritmo.
Così parla oggi Maria Lai.
In questi anni il lavoro teatrale di Cassiopea si è intrecciato con il lavoro artistico della grande artista Maria Lai. Davanti alle sue cosmogonie e ai libri cuciti ritroviamo le visioni di Ildegarda.
Abili mani di donna. Abili mani di donne.
Ambedue, Ildegarda e la Lai, tracciano segni verso l'infinito con la semplicità di chi si lascia trasportare dal ritmo del respiro, da movenze lente, precisi codici, creando la forma del racconto.
Forse senza conoscerne il significato. Non importa se non capisci segui il ritmo.
Crediamo questo sia il segno del mistero: non trova differenze tra arte e sacro, tra grandezza e semplicità.
alcune stanze poetiche
l'arte apre all'infinito verso il trasendente
verso ciò che non sappiamo
la poesia chiama il sacro
la parola ha dentro una vertigine
la parola è anche il silenzio che la precede e la segue
soprattutto la parola poetica