Sono scesa a Itri il 26 giugno.
Troppe emozioni hanno vagato per la mente e non sono riuscita a dire una parola nella splendida piazza sotto il castello di Itri. Ho ascoltato Livia e mi sono ritrovata tra ...le note del flauto di Elia. In mezzo nulla. La mente era affollata di pensieri, immagini.
"Trieste chiama Napoli" così iniziavano tutte le telefonate tra me e Fabrizia, come se Trieste dovesse essere salvata da Napoli come se Napoli la potessi portare a Trieste.
“Quando sali?” o “quando scendi?” come fossimo ai capi estremi dell’ascensore. L’alto e il basso. L’inizio e la fine. Quando conobbi Fabrizia a Trieste circa 16 anni fa non sapevo molto di lei, solo che era l'amica scrittrice d’Assunta. A cena la sera si stava a chiacchierare e Fabrizia era sempre curiosa di tutto, degli amici giovani di Assunta, di quello che facevamo. Voleva vedere i nostri spettacoli, i video... e io piano piano iniziai a conoscerla attraverso il fumo delle nostre sigarette, i film guardati assieme, il primo canovaccio di un testo teatrale "Caffè degli Specchi" scritto a 26 mani di donne. Poi sono stata a Itri, la prima volta, nella sua casa di via Sant'Angelo. Quattro giorni tutti per noi. Lei ed io da sole. Fabrizia esordiva "Barbara racconta di te" e io mi accoccolavo sul divano e raccontavo... ma preferivo ascoltarla, tutta la sua vita mi pareva un film, un romanzo, gli amori, gli incontri, i viaggi, l’impegno, la lotta politica… io ascoltavo e Fabrizia chiedeva... Così le scrissi delle lunghe lettere che poi finirono, in parte, nel libro Passaggio a Trieste. Quando arrivava Fabrizia a Trieste era una festa. Veniva a rifugiarsi come in un bozzolo al nord, a “sud dell’Impero”, ma per noi era una festa. Ci chiamava Assunta "domani arriva venite a cena da me". Con Fabrizia, Assunta, Ennio, passavamo serate intere a discutere come se ci conoscessimo da sempre, come se gli anni non opponessero distanze. Un giorno mi disse “devi scrivere a Mario, devi parlargli, fa sempre gli spettacoli, i film… deve girare L’amore Molesto, scrivigli…” Scrissi una lettera, stupida forse, dove dicevo che mia madre si chiamava Ferrante come l’autrice del suo film (sapevo che quello dell’autrice era uno pseudonimo ma era per rompere il ghiaccio), scrissi che volevo andare a vedere le riprese. Telefonai anche, spinta da Fabrizia ma, gentilmente Mario mi rispose “Abbiamo tanti attori disoccupati qui al Sud”.
Ci facemmo delle grandi risate, Fabrizia ed io. Non ci pensai più.
Una volta c’incontrammo a Roma alla stazione Termini. Assunta ed io avevamo deciso che Fabrizia doveva scrivere la prefazione del libro di Merima “Sarajevo oltre lo specchio”. Tra un treno e l'altro ci sedemmo al bar, credo fosse il '95, e parlammo con Fabrizia della guerra, di Merima, le mostrammo le bozze del piccolo libro che sarebbe stato pubblicato l'anno dopo, e tre ore passarono veloci, chiacchierando di Sarajevo, Napoli, Trieste, la Bosnia, i bambini, le bombe, la guerra, le donne. Le passai il video Divine – Opera Prima dove poteva vedere Merima e sentire la sua voce. Poi facemmo assieme Divine Voci e lei stava sul mare di Trieste.
Ci furono dei lunghi soggiorni di Fabrizia a Trieste. Ed era una festa. Fabrizia diceva "Assunta questi ragazzi devono mangiare" si riferiva a Paolo e Nora i figli d’Assunta e a Lucio, il giardiniere artista, ma puntualmente anche noi si andava a mangiare il sartù preparato da Fabrizia.
Un giorno la portammo a Portorose in piscina. Lei nuotò per un’ora e poi se ne andò. Non vedendola tornare dopo una mezz’ora andammo a cercarla. Leggeva al bar dell’albergo con accanto un buon bicchiere di malvasia e la sigaretta. “E che ci sto a fare in piscina la nuotata l’ho già fatta”. Ho riletto in una notte Passaggio a Trieste, l’Isola Riflessa, la prefazione di Sarajevo oltre lo specchio, Per un sentiero chiaro, la prefazione di In direzione Ostinata e Contraria, il testo dello spettacolo Di Passaggio che mettemmo in scena nel 2002 e mi sono persa nei mille frammenti di viaggio che hanno attraversato la mia vita con quella di Fabrizia. L’ultima volta che l’ho sentita al telefono era per mettere in scena La Frantumaglia di Elena Ferrante e avevo bisogno dei contatti con la casa editrice.
“Quando sali?...”
“Quando scendi a Itri? La casa è grande, c’è la terrazza…”
Sono scesa a Itri a salutarti.
Barbara Della Polla
Troppe emozioni hanno vagato per la mente e non sono riuscita a dire una parola nella splendida piazza sotto il castello di Itri. Ho ascoltato Livia e mi sono ritrovata tra ...le note del flauto di Elia. In mezzo nulla. La mente era affollata di pensieri, immagini.
"Trieste chiama Napoli" così iniziavano tutte le telefonate tra me e Fabrizia, come se Trieste dovesse essere salvata da Napoli come se Napoli la potessi portare a Trieste.
“Quando sali?” o “quando scendi?” come fossimo ai capi estremi dell’ascensore. L’alto e il basso. L’inizio e la fine. Quando conobbi Fabrizia a Trieste circa 16 anni fa non sapevo molto di lei, solo che era l'amica scrittrice d’Assunta. A cena la sera si stava a chiacchierare e Fabrizia era sempre curiosa di tutto, degli amici giovani di Assunta, di quello che facevamo. Voleva vedere i nostri spettacoli, i video... e io piano piano iniziai a conoscerla attraverso il fumo delle nostre sigarette, i film guardati assieme, il primo canovaccio di un testo teatrale "Caffè degli Specchi" scritto a 26 mani di donne. Poi sono stata a Itri, la prima volta, nella sua casa di via Sant'Angelo. Quattro giorni tutti per noi. Lei ed io da sole. Fabrizia esordiva "Barbara racconta di te" e io mi accoccolavo sul divano e raccontavo... ma preferivo ascoltarla, tutta la sua vita mi pareva un film, un romanzo, gli amori, gli incontri, i viaggi, l’impegno, la lotta politica… io ascoltavo e Fabrizia chiedeva... Così le scrissi delle lunghe lettere che poi finirono, in parte, nel libro Passaggio a Trieste. Quando arrivava Fabrizia a Trieste era una festa. Veniva a rifugiarsi come in un bozzolo al nord, a “sud dell’Impero”, ma per noi era una festa. Ci chiamava Assunta "domani arriva venite a cena da me". Con Fabrizia, Assunta, Ennio, passavamo serate intere a discutere come se ci conoscessimo da sempre, come se gli anni non opponessero distanze. Un giorno mi disse “devi scrivere a Mario, devi parlargli, fa sempre gli spettacoli, i film… deve girare L’amore Molesto, scrivigli…” Scrissi una lettera, stupida forse, dove dicevo che mia madre si chiamava Ferrante come l’autrice del suo film (sapevo che quello dell’autrice era uno pseudonimo ma era per rompere il ghiaccio), scrissi che volevo andare a vedere le riprese. Telefonai anche, spinta da Fabrizia ma, gentilmente Mario mi rispose “Abbiamo tanti attori disoccupati qui al Sud”.
Ci facemmo delle grandi risate, Fabrizia ed io. Non ci pensai più.
Una volta c’incontrammo a Roma alla stazione Termini. Assunta ed io avevamo deciso che Fabrizia doveva scrivere la prefazione del libro di Merima “Sarajevo oltre lo specchio”. Tra un treno e l'altro ci sedemmo al bar, credo fosse il '95, e parlammo con Fabrizia della guerra, di Merima, le mostrammo le bozze del piccolo libro che sarebbe stato pubblicato l'anno dopo, e tre ore passarono veloci, chiacchierando di Sarajevo, Napoli, Trieste, la Bosnia, i bambini, le bombe, la guerra, le donne. Le passai il video Divine – Opera Prima dove poteva vedere Merima e sentire la sua voce. Poi facemmo assieme Divine Voci e lei stava sul mare di Trieste.
Ci furono dei lunghi soggiorni di Fabrizia a Trieste. Ed era una festa. Fabrizia diceva "Assunta questi ragazzi devono mangiare" si riferiva a Paolo e Nora i figli d’Assunta e a Lucio, il giardiniere artista, ma puntualmente anche noi si andava a mangiare il sartù preparato da Fabrizia.
Un giorno la portammo a Portorose in piscina. Lei nuotò per un’ora e poi se ne andò. Non vedendola tornare dopo una mezz’ora andammo a cercarla. Leggeva al bar dell’albergo con accanto un buon bicchiere di malvasia e la sigaretta. “E che ci sto a fare in piscina la nuotata l’ho già fatta”. Ho riletto in una notte Passaggio a Trieste, l’Isola Riflessa, la prefazione di Sarajevo oltre lo specchio, Per un sentiero chiaro, la prefazione di In direzione Ostinata e Contraria, il testo dello spettacolo Di Passaggio che mettemmo in scena nel 2002 e mi sono persa nei mille frammenti di viaggio che hanno attraversato la mia vita con quella di Fabrizia. L’ultima volta che l’ho sentita al telefono era per mettere in scena La Frantumaglia di Elena Ferrante e avevo bisogno dei contatti con la casa editrice.
“Quando sali?...”
“Quando scendi a Itri? La casa è grande, c’è la terrazza…”
Sono scesa a Itri a salutarti.
Barbara Della Polla