copertina del libro /bollati Boringhieri |
Un
libro di memorie e insieme romanzo, che è la storia di una generazione
segnata dalle tragiche vicende dell’ex Jugoslavia. Un’opera prima in cui
splende il talento di uno scrittore consumato. Dunja Badnjevic, a distanza di più di vent’anni dalla morte del padre, spezza il crudele incantesimo del silenzio, della memoria negata, del senso di colpa, e inizia un lungo viaggio. È un viaggio in luoghi labirinto – di cui i ricordi sparsi rappresentano il filo d’Arianna – intrapreso per ritrovare la figura paterna e insieme, senza ipocrisie, la storia della sua famiglia (serbo-croata-bosniaca, quanto di più simbolico poteva esistere in terra jugoslava): una storia che si dipana nell’arco di un secolo, ma più dettagliatamente negli ultimi sessant’anni del Novecento. Al centro, il lager di Goli Otok (l’isola calva), tristemente noto a chi si occupa di storia dell’Est europeo come la Kolyma del Mediterraneo.Lì vi fu rinchiuso per alcuni anni il padre dell’autrice, convinto internazionalista «epurato» da Tito dopo lo strappo con l’Urss nel 1948.Sul soggiorno a Goli Otok, Eshref Badnjevic lasciò un diario di cui ampi brani vengono riportati nel racconto diventando così una specie di volano per la storia narrata che si snoda attraverso una serie di flashback, di oscillazioni continue tra passato e presente. Nel libro serpeggia un’atmosfera magica che conferisce concretezza visiva e olfattiva a ogni pagina: giardini autunnali sotto una coltre di foglie, ripide vie cittadine ammantate di neve, scabre rocce isolane tra folate di vento salmastro, l’odore acre di un carcere belgradese e i profumi d’Oriente nel Cairo di re Faruk, l’odore dei banchi e dell’inchiostro nelle aule del liceo gesuita di Travnik, gli splendori della magione avita in Erzegovina, il profumo di cipria in interni borghesi dalla scura mobilia, immersi in un musicale silenzio. La mente non riesce a staccarsi da simili suggestioni anche molto tempo dopo aver letto le ultime malinconiche pagine sull’«apolitudine», la condizione – come scrive l’autrice – di chi è privato, dall’assurdità della guerra e della storia, di un’identità reale, di luoghi, amicizie, passato, sogni, radici, ricordi. | |
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Dunja
Badnjevic, che è nata a Belgrado ma vive in Italia da decenni, ha alle
spalle una vicenda esistenziale drammatica e complessa che si intreccia
con importanti avvenimenti del Novecento. Suo padre, stretto
collaboratoredi Tito, fu tra i protagonisti della guerra di liberazione
in Jugoslavia e ricoprì incarichi politici di rilievo nell’immediato
dopoguerra (tra l’altro fu ambasciatore al Cairo) PREMIO JOHN FANTE 2008 - Opera Prima PREMIO SCAFFALE 2009 - Premio letterario della Resistenza Città di Omegna PREMIO ASTI D'APPELLO 2009 - Ex aequo PREMIO PER LA CULTURA MEDITERRANEA 2009- Fondazione Carical Finalista del PREMIO RAPALLO-CARIGE 2009 |